mercoledì 24 settembre 2008

28 ottobre 2006 giornata di mobilitazione antifascista

IL FEMMINISMO È IL VERO ANTIFASCISMO


Il fascismo si è caratterizzato, nella sua struttura materiale e nelle sue forme simboliche, come l’espressione più chiara ed evidente della violenza istituzionalizzata di genere, di classe, di etnia.

Anche quando in Italia si è passati al successivo governo repubblicano, le donne non hanno mai smesso di subire queste violenze. Tutti i giorni continuiamo ad essere attraversate, nelle relazioni, nella comunicazione, nel nostro vissuto, dalla violenza: il fascismo per noi non è mai venuto meno.

Per noi donne l’antifascismo quindi acquista contenuti che fuoriescono dalla comune denotazione creata negli ambiti della politica e del pensiero maschile.

Essere antifasciste, oggi, vuol dire combattere e denunciare ogni forma di quel sempre attuale dominio maschilista che, con la sua carica violenta, ci “accompagna” in molti momenti e luoghi della nostra vita quotidiana: nel posto di lavoro, entro le “calde” mura domestiche, passeggiando piacevolmente per la strada o guidando la macchina la sera.

Gli ultimi esempi di stupri ci allarmano, ma sicuramente non ci appaiono una novità: lo sappiamo per diretta esperienza che le strade per noi non sono sicure. E che il nostro aggressore può essere chiunque, a prescindere dalla nazionalità, dal legame di parentela, dall’orientamento ideologico e dalla classe sociale di appartenenza.

Episodi di violenza sono sempre all’ordine del giorno. Per rendersene conto basta guardare nelle proprie case, parlare con la vicina, sfogliare la cronaca nera della nostra città in cui frequentemente si legge “donna uccisa dal marito perché troppo geloso”.

Il marito, l’uomo, si sente padrone di decidere della vita della donna come se fosse in suo potere, o uno strumento di cui fare ciò che vuole, fino ad annullarla psicologicamente o a toglierle la vita.

Ma non è solo nell’ambito della violenza che si evidenzia questa subalternità femminile.

Ancora oggi la condizione della vita, dei diritti, dell’esistenza delle donne, mostra numerosi esempi di continuità con il passato.

È possibile cogliere alcune inquietanti similitudini tra quanto asserito dal regime fascista riguardo al ruolo della famiglia e della donna e quanto accade oggi nella nostra attuale “democrazia” parlamentare. Del resto non vi è nulla di cui sorprendersi, vista l’ingerenza della chiesa cattolica nel determinare la morale da seguire in fatto di riproduzione e sessualità. Ingerenza che -guarda caso- si rafforza istituzionalmente proprio durante il fascismo, nel momento in cui la chiesa riconosce lo stato italiano in cambio di un rapporto privilegiato con esso, soprattutto riguardo a tematiche quali l’istruzione e l’istituzione matrimoniale.

Non è difficile scorgere nell’attuale propaganda attuata dai movimenti per la vita una degna prosecuzione dell’alleanza tra stato e chiesa, inaugurata dai Patti Lateranensi durante il ventennio fascista. Con la sola differenza che attualmente lo stato dovrebbe essere laico e democratico.

Ancora oggi la soggettività è subordinata in nome della famiglia, ritenuta la cellula “sacra” ed inviolabile della società è l’unica titolare di diritti.

Rispetto all’ambito sessuale e della riproduzione, il fascismo negava l’aborto e la contraccezione e incentivava una politica a sostegno delle famiglie numerose. Oggi, ripetuti sono gli attacchi da parte delle gerarchie vaticane e dei partiti che tagliano i finanziamenti ai consultori pubblici e ai servizi per l’interruzione di gravidanza e incentivano, invece, quelli ai movimenti per la vita; di conseguenza, oggi come ieri, si ricorre all’aborto clandestino.

Nel lavoro invece, nonostante la retorica delle pari opportunità, continua a perpetuarsi la divisione in base al sesso. Le donne vengono pagate di meno a parità di mansioni o sono spesso costrette a firmare fogli di licenziamento in bianco, al momento dell’assunzione, per l’eventualità di una maternità. Anche il lavoro di cura o quello all’interno della famiglia, sono ancora considerati prerogativa femminile. Il tasso di disoccupazione e di precarietà, nonché i vari contratti atipici, riguardano prevalentemente le donne, che devono dividere il proprio tempo fra la cura dei familiari e il lavoro retribuito. È sotto gli occhi di tutti che le donne occupano raramente posti di decisione, di responsabilità, dentro i vari ambiti della società (lavoro, università, sanità, politica, ecc…)

Per noi la resistenza al fascismo quindi è la lotta quotidiana alla violenza, alla sopraffazione, alla negazione di diritti, alla gerarchia e alla discriminazione, per l’autodeterminazione di noi stesse nella nostra vita, nella nostra sessualità come lesbiche, singole o coppie etero o omosessuali; per la nostra libera scelta riproduttiva e di maternità, sia essa da singola o di coppia, omologa o eterologa.

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